Stamane sul Carlino Rimini, nella sezione relativa a Cattolica, si legge che un comitato di commercianti del centro città si sta autonomamente organizzando per ottenere nuovi arredi urbani (panchine, lampioni, aiuole etc.) marchiati a fuoco da uno sponsor privato individuabile in una prestigiosa firma del mondo della moda. Il comitato lamenta infatti lo stato di deprecabile usura degli attuali arredi urbani e sostiene la necessità inderogabile di averne di nuovi, siano essi griffati oppure intonsi, l’importante è sostituire i vecchi e gettarli alle ortiche. L’ambizioso obiettivo è quello di trasformare il centro cittadino in una “vetrina a 360 gradi” (sic).
Che dire? Come rinunciare al piacere di posare i nostri augusti glutei sulla “&” tra Dolce e Gabbana o magari mollemente adagiare la nostra manina sulla sinuosa curva di un seno di modella riprodotta a grandezza naturale in pieno Viale Bovio? Direi che altrettanto trendy sarebbe portare il nostro amato Bobi, durante la sua quotidiana passeggiatina, a sgravarsi dei suoi escrementi su un’autorevole aiuola firmata Valentino, o magari innaffiare un elegantissimo lampione Armani.
Dunque? Prepariamoci alla realtà virtuale di una vetrina a 360 gradi dove il glamour ci divorerà in ogni direzione e dove il fashion style ci pioverà addosso con copioso e inarrestabile impeto. Passeggeremo con stile perfetto e inappuntabile, senza un capello fuori posto, icone di ricercatezza, prototipi del buongusto, archetipi di signorilità, signori del garbo, divinità di vaghezza. E staremo attenti a non respirare per non spezzare l’ecosistema dei fulgidi brand che ci ruotano intorno come silenti guardiani, come orbite di eleganza, come cariatidi di inclita classe. E finalmente ci sentiremo più belli. Più eleganti.
Più veri.
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Caronte, occhi di bragia
Sul Resto del Carlino Rimini, nella cronaca cattolichina, campeggia stamane un articolo sull’affaire “traghetto sul fiume Tavollo“. In pratica, con la sparizione del ponte girevole che univa la sponda cattolichina a quella gabiccese, si sta pensando ad un valido sostituto senza che il flusso di turisti (calcolato in circa 10.000 persone al giorno) debba dirottare sul nuovo ponte eretto circa 100 metri più a monte, con conseguente abnorme scialo di energie psicofisiche, si suppone. Nuovo ponte, giova ricordarlo, che è parte integrante dell’ultramoderno e suggestivo complesso della nuova darsena di Cattolica di recentissima costruzione. A questo punto verrebbe da chiedersi: ma se il nuovo ponte gode già in partenza di una così infima fiducia da parte dell’Amministrazione comunale, perchè farlo? Sono domande che solo gli alti prelati del tourism marketing, che disegnano arabeschi di flussi turistici e ne indovinano con precisione atomica le inclinazioni, solo questi insigni studiosi, dicevamo, possiedono una risposta racchiusa all’interno dei loro storming brains e un giorno fatidico comunicheranno con piglio oracolare a tutto il mondo emerso l’unica e sola Verità. Nel frattempo noi poveri sfigati ci si dibatte in questi rovelli molto più terreni e si rimane in braghe di tela, senza risposte plausibili.
Non è tutto (e qui arriviamo al fulcro della notizia). Il “valido sostituto” del fu ponte girevole dovrebbe essere un traghetto che trasporterà i turisti da una sponda all’altra del Tavollo con moto perpetuo tra le due banchine. Traghetto di cui esiste già un progetto, con tanto di società interessata alla realizzazione, presentato alla Capitaneria di Porto di Cattolica e in attesa di approvazione. Mancherebbe solo l’accordo transregionale tra le due Amministrazioni: Cattolica e Gabicce. Pare che mentre Cattolica spinga per la “zatterona”, i cugini marchigiani siano più refrattari all’idea. Si discute.
A questo punto ho riposto per un attimo il giornale e mi sono figurato questo novello Caronte che come la creatura dantesca divide supernamente le masse di turisti e le imbarca con foga tremenda e infallibile sulla sua zattera infernale:
Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave!
Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo.»
In un attimo il Tavollo diventa l’Acheronte, e schiere di turisti si trasformano in spiriti impauriti e in balia degli eventi. Mentre vedo Caronte cavalcare i flutti e allontanarsi con il suo mesto carico mi chiedo cosa ci aspetti dall’altra parte, così terribilmente sfuggente e nebbiosa. In fondo un ponte, pur nella sua meccanica inerzia, si sarebbe rivelato molto più pietoso nel suo valicare l’ultimo ostacolo sopra l’Ignoto.