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Cattolica Memorie

Le discoteche di Cattolica

Sono stato sommerso da una fiumana di ricordi. Immagini adolescenziali di discoteche come unico orizzonte plausibile, di scorribande lungo Viale Bovio, quando si faceva la spola tra Casanova, Taxi e Champagne, la triade di discoteche nello spazio di un centinaio di metri, quando l’estate era un ruggito che si insinuava sotto la pelle e ti innalzava a sgangherato semidio assiso su un altare di ebbrezze nascoste, vilipese dallo spirito alcolico della gioventù.
I ricordi… Ne avverto la presenza in diafana proiezione sulla parete. Come in uno sfocato super8 si rincorrono su questo muro che ho davanti. Rivedo Cischi al Casanova che afferrato il microfono urlava all’astrazione plastica di corpi che si intrecciavano dinanzi a lui: “Tutti nudi al Casanova!”, rivedo il Baffo all’ingresso del Taxi, come un Cerbero invalicabile che rifiutava di farci entrare a scrocco, rivedo le due ragazze olandesi dello Champagne mentre ridono di quei sorrisi fruscianti e minerali, epifania di una corporeità ctonia, inesperibile e brutalmente conturbante. Rivedo Luigi e Marco, compagni di viaggio, nei loro bianchi sorrisi, nel correre via leggero delle parole, degli scherzi sospesi a mezz’aria.
Rivedo poi Lolito, elfica creatura che s’insinuava in discoteca come ombra tra le ombre. Di solito stava ai margini della pista per poi sciogliersi in un ballo sfrenato. Quella sera la musica stanò la sua anima. Posò i robotici occhi su quella schiera di supplicanti, compromessi di strada, irrisolte equazioni, viaggiatori senza distanze, diabetoide accozzaglia di lune oscurate… che, cosa… succede… Luce… Sensi investiti. Ma che…
Un nuovo scroscio di didascalie lo ghermì, un boato scosse le DLL del suo equilibrato sistema operativo. Senza fiato. Fu attraversato da una scarica di qualità, aggettivi, morfologie, mappe fino a minare l’intima essenza di ciascun ballerino che gli stava di fronte. Fino a varcare la sensuale soglia che vanifica l’indifferenza: proprio mentre la Verità campeggiava davanti a lui come un arabesco schiumante… persone, alberi in movimento, evoluzione detonata dell’umanità. Lui all’interno della Musica, lui che sapeva. Assaporò l’olocausto con occhi correlanti e favolosi, agganciò ogni nodo di quel magma, corpi e sensazioni tatuate che galleggiavano nell’ossessivo occhieggiare delle luci stroboscopiche, blinc blinc, che denudavano i loro privatissimi intralci, i loro sotterranei abbracci. Vide tutto in un attimo esploso.
Ah. Dove sei andata giovinezza mia. In quegli occhi pieni di luce e furore di Lolito, sei. In un’ombra tagliata e inaccessibile, sei.
In uno specchio capovolto, sei.

[in apertura foto dei primi anni 70 della discoteca Akimbo, poi Champagne, inviatami da Fabio di Roma, che ringrazio di cuore]