Stretto e impervio
collima con l’anima
labirintico estatico
scoperto di passi,
io ti percorro
aperto allo sgomento
delle tue anse,
delle tue buche,
delle tue nascoste mani
protese nelle strettoie
precise sul viso
a lambire le carni
e il profilo di frustrazione.
Io ti rivedo viottolo
nel sentiero delle mie idee
quando nascosi la mano
che aveva ucciso la lucertola
e tu mi invocavi
con le tue crepitanti distanze
e io con la mia colpa
ti percorrevo in fiamme.
Vicolo cieco dinanzi al cielo
affossato di nero
che trascolora in un velo
di carta cenere
e mancate parole.
Camminerò senza muovermi
e tu saprai condurmi
al rinnovato baratro
del brancicare
del biascicare
l’umano dolore
che mi ha condotto a Te.
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