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Poesia

Drappo nero

Ho allungato una mano ma tu non c’eri,
ho inseguito il tuo respiro,
come un cervo spossato
attraverso un bosco infinito,
tra un latrare di rami
e il labirinto verde dell’erba.

Un drappo nero ormai ci divide,
come a teatro un buio sipario,
di quelli impossibili ad aprirsi,
separa le storie in fieri
da quelle silenziose in platea.

Sì, è vero, sei qui: ti tocco, ti bacio
colgo l’antica ironia nel tuo sguardo.
Ma sei in un’altra storia,
in un altro imprendibile Avello,
con i tuoi Demoni privati
e le scarnificate memorie.

Racconti di persone che passano
nei tuoi luoghi segreti,
invadendo anche l’intimo rifugio
che hai faticosamente eretto.

Mi parli di presenze, di angeli perduti,
di voci che narrano in silenzio
memorie cancellate dal torpore,
da quel tremolio leggero del Tempo.

Sussurri di impercettibili silenzi,
che ossessionano il rumore dei denti,
il corpo, la pelle, le unghie, la saliva,
l’umana fatica di vivere che stritola.

Babbo, mio fragile tremolante guerriero,
tu mi hai insegnato il suono del vento,
la rorida presenza di Dio in un prato al mattino.

Tu mi hai donato l’ironia del Non Detto,
parole che scavallano frasi e son già sorrisi,
senza dilapidare un singolo suono.

Tu mi hai guardato con l’amore di un Padre,
e io ritrovo la tua aura in quel perduto senso
di un sogno masticato dal mattino,
in quell’ombra in bilico
sul morire del campo visivo.

La tua essenza è intatta,
nessun tremore la fa vacillare.

Il Drappo nero che ci separa
non può offuscare la luce di una Vita.

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