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Manuale di sopravvivenza ad un comizio politico – un approccio estetico

07In questi ultimi tempi, vuoi per sorte, vuoi per dovere famigliare, vuoi per mero masochismo, ho assistito a diversi incontri politici di ogni genere, foggia e dimensione. Non c’è stato un momento in cui non avrei donato un testicolo alla scienza pur di non essere lì ad ascoltare il tizio di turno che snocciolava la sua litania di buone intenzioni e di come avrebbe salvato il mondo dal Golosastro e da Gargamella. A volte mi sono chiesto: ma esiste la bellezza in politica? Siamo d’accordo, di fronte al Golosastro ci vuole fermezza, fiero cipiglio e fredda retorica. La politica in fin dei conti deve: risolvere, amministrare, gestire, collegare, confrontarsi, rappresentare, intervenire, impegnarsi, organizzare, (intascare)… tante cose insieme, tutte all’infinito, tutte maledettamente in potenza, tutte quante virtuali, almeno in campagna elettorale… Ok, ma la bellezza? Quella di un sonetto di Petrarca, quella di un pezzo dei Beatles, quella di un film di Kubrik, quella di un assolo di Coltrane, quella di un ritratto di Tiepolo? Quella bellezza lì insomma. Quella che ci annoda un respiro in gola, quella che scava lo sguardo, quella che ferma la scansione cronologica della vita. La possiamo pescare anche in Politica? La risposta è: in latenza… Ci vorrebbe un grimaldello che desse una mano ad estrarla a viva forza, a portarla alla luce, per riuscire ad urlare finalmente: SI’, la bellezza esiste anche in politica, ESISTE!

Allora mi son tirato su le maniche e mi son detto: qui ci vuole un bel solco nel terreno, un progetto a presa rapida per tirar fuori un’Estetica dalla politica, una sorta di prontuario per spremere ogni stilla di sublime dal gargarozzo sbarbato di un candidato politico che bofonchia i suoi dettami davanti ad un microfono fischiante mentre intorno infuriano colpi di tosse, sbadigli e storie d’amore perpetuate attraverso menti totalmente scollegate dal contesto. Un metodo filosofico rigoroso per non trovarsi poi ad annaspare durante uno di questi convegni di zombie: ognuno con la sua cartucciera di risposte pronte, con la sua artiglieria di frasi fatte, con la sua santa barbara di statistiche. Ne è venuto fuori una specie di sgangherato decalogo in 5 punti. Ogni punto del prontuario fa tabula rasa di qualcosa (pars destruens) per proporre qualcosa di vagamente costruttivo in calce (pars costruens). Usatelo pure gratuitamente, ad libitum. Vedrete che vi sarà utile, o cultori del bello, per non avvizzire durante uno di questi cruciali appuntamenti politici che sicuramente vi attende – con sinistra scadenza – in agenda:

1. Il concetto di Partito non esiste. Non esiste parte politica, fazione, ideali, corrente, polo o alleanza. La politica è una massa informe di persone che modulano opportunamente le proprie parole in funzione della platea che li ascolta. Ogni discorso è costruito per uccidere ogni forma di bello. Se vediamo un politico in TV pigiamo il tasto MUTE sul telecomando e proseguiamo ad ascoltare il raglio della lavastoviglie mentre compie il secondo risciacquo. Nel caso di un comizio esistono comodi tappi per le orecchie praticamente invisibili, sarà sufficiente annuire di tanto in tanto, ammiccare, applaudire seguendo la folla entusiasta, mimetizzarsi tra i sorrisi di approvazione.

2. Il concetto di varietà lessicale non esiste. Vedrete che se iniziate a inventariare discorsi politici raggiungerete una summa di non più di 300 lemmi che girano, si riannodano, rientrano uno sull’altro, come cavalloni che si infrangono sulla scogliera della grammatica. Se proprio vi trovate a dover fare un riassunto di un qualsiasi incontro elettorale inforcate la vostra consecutio temporum e miscelatela con una successione random dei seguenti termini: gestire, istituzione, legalità, confronto, disponibilità, amministrare, imprese, relazioni, ecologia, territorialità (mamma mia), potenzialità, avere, essere, fare e disfare. Agitate bene in uno shaker e servite freddo al vostro capo.

3. Il concetto di innamoramento non esiste. Almeno a livello istituzionale, sia chiaro. Per innamorarsi un politico deve svuotare le proprie bisacce da anni di “collegamenti istituzionali”, “sinergie locali” e “espressioni di territorialità”. Immaginate voi l’attonito sguardo di una donna innamorata dinanzi a cotanta bruttezza lessicale. No qui non c’è nulla da fare, cerchiamo l’amore in uno sguardo di sbieco, in una pausa sospirata, in un vellutato calar di mano dell’oratore di turno, ma non aspettiamoci il Dolce Stil Novo, sia ben chiaro.

4. Il concetto di solidarietà non esiste. Tutto quanto viene detto da un politico sul tessuto sociale, sui bisogni della gente, sule cose da fare per aiutare le persone, tutto questo rimane in un Iperuranio completamente avulso da ogni lacerto di realtà. Quasi fosse in perenne sospensione, immerso in un Limbo di cose perse dal Mondo, invenzioni fatue destinate a risuonare in eterno in una cassa armonica perduta nel tempo. Rimane la bruttezza di un discorso privo di ogni riferimento semantico, svuotato di ogni referenzialità.

5. Il concetto di fascino non esiste. Ogni politico perde repentinamente il suo fascino nella misura in cui apre la bocca per fare politica. E’ un assioma incontrovertibile. Siate fascinosi, radiosi e intelligenti dinanzi ad un politico, servirà a bilanciare il suo karma negativo e a donare al mondo una speranza di bellezza.

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