Ancora una volta torno a scrivere dopo una notevole latitanza. La prima volta fu: stagione lavorativa, la seconda volta fu: vacanza dopo la stagione lavorativa.
Ed eccomi alla mia seconda resurrezione.
Virtuale s’intende.
Come facilmente intuirete, non appena terminata l’Apocalisse turistica, ho repentinamente apposto ai portoni dell’Hotel di Cattolica sigilli, chiavistelli e catenacci e mi sono trasferito armi, bagagli, moglie e figlia nell’Hotel di Rodi che ci ha accolto con fraterna benevolenza e munifica accoglienza.
E come in uno specchio Carrolliano ho varcato il sottile diaframma di vetro e da ospitante son divenuto ospitato, da albergatore albergante, da… ok basta così.
Eccoci qua che facciamo ciao ciao dalla piscina dell’Hotel, il nostro centro di gravità permanente di questi ultimi giorni. Per quanto ci è stato possibile abbiamo vissuto quivi perennemente a mollo, e devo vergognosamente ammettere che le escursioni nelle varie località dell’isola suonavano come un polveroso intermezzo a questa ipnotica vita acquatica che ci ammaliava, ci teneva e ci incatenava all’elemento azzurro.
Ah già. Di che località sto parlando, chiederete voi. Quella intorno alla piscina, per intenderci.
Si tratta di Rodi, un’isola piena di Russi e di animatori corrosi da una lunga stagione di beach-volley sovrappeso e scenette piccanti dopo i luculliani buffet serali.
La città di Rodi è un budello di piccole stradine medievali che si inerpicano intorno alla fortezza, praticamente un bazar a cielo aperto dove ogni tipologia di souvenir è stata appositamente studiata per venire incontro alle esigenze di una clientela multiecnica e assai poco avvezza alla prosaica cartolina (di cui umilmente mi dichiaro fan)
Una vagonata di ricordini, ma che dico, un intero pianeta di carabattole che veniva bellamente esposto invadendo ogni possibile pertugio, fessura o scanalatura presente tra le antiche mura.
Ora non starò a farvi una storia di Rodi nè vi dirò che il nostro Benito ebbe occasione di metterci le mani e omaggiare l’isola di quella avveniristica architettura fascista che tanto oscuro, squadrato, austero fascino dona ancora oggi al lungo porto, nella cosiddetta “passeggiata italiana”.
Nel frattempo alcuni meravigliosi fatti sono accaduti a Cattolica, ma questa è un’altra storia, anzi un altro post…
Sono tornato per restare (e scrivere).
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