La sera di Ferragosto la spiaggia di Cattolica è una immensa riserva di caccia per il Manzo romagnolo da accoppiamento. Tra una folla oceanica di fanciulle con il naso all’insù e un vocìo balanico di ooohhh si aggira questo prototipo da riproduzione, questa spietata macchina da pastura, questo sfavillante cyborg di Acqua Velva e ormoni.
Il Manzo romagnolo non segue l’evolversi dello spettacolo pirotecnico, oh no, non è neppure intenerito da un mare screziato di luna e arabeschi di luce. Si mantiene freddo, lucido, calcolatore. Sceglie con cura la sua preda e descrive intorno ad essa cerchi sempre più stretti, mentre l’ignara vittima punta il dito al cielo ridendo sguaiata, ecco appressarsi furtiva un’ombra tra le ombre. Oh quanta sublime perfezione in quella spoglia ma pregnante gestualità riproduttiva. Quanti cicli generazionali di Manzi hanno darwinianamente affinato quei cenni, fino alla soglia della Pastura Assoluta. E per la preda non ci sarà il tempo neppure di accennare una debole resistenza, sarà subito tra le sue virili, possenti braccia manzesche.
[VOCE FUORICAMPO] E tu, vorresti che tutto questo finisse? Sei al corrente di quanti pericoli oggi minacciano l’ecosistema del Vitellone romagnolo? Emancipazione femminile, videogames, internet, moralizzazione dei costumi, voti di castità, incremento esponenziale di Suore, tutto ciò ha ridotto questa gloriosa razza a ormai pochi, sparuti esemplari che si aggirano sperduti in un mondo ostile.
Proteggiamo i nostri Vitelloni, proteggiamoli dal rischio dell’estinzione della specie!
Oggi, questa splendida bestia potrebbe non esserci più, e tu cosa fai per impedirlo? Adotta un Vitellone! Fallo adesso! E anche tu potrai dire: sì, ho salvato un Manzo romagnolo da accoppiamento, e ne vado fiero!
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Un Mare d’Acqua
Era forse il 1979 o il 1980, qualche anno prima delle notti mundial di Pablito e soci…
Ricordo che in agosto quell’anno si era creata una strana miscela di clientela, una compagnia allegra e chiassosa che sfidava ogni notte il sonno di mio padre. Una brigata eterogenea e multietnica: dagli svizzeri ai belgi, ai francesi fino ad arrivare agli italiani de Milan e de Roma. In particolare c’era questa signora svizzera, Brigitte, che aveva un sorriso obliquo che si apriva d’improvviso in una risata cristallina che contagiava in un attimo tutta la terrazza dell’Hotel, come un virus potentissimo.
In quel Ferragosto, dopo il lauto pranzo, gli spiriti erano sopiti nel blando e faticoso esercizio della digestione e sembrava, proprio quel giorno di festa, che si riuscisse a superare indenni le goliardate di prammatica.
Non mi ricordo chi iniziò, anzi sì, fu mio padre, ancora lo rivedo con il pesante mastello colmo d’acqua che si avvicinava furtivamente alla svizzera e la inondava letteralmente, dando così il via ad una faida irrefrenabile. Ricordo ancora che ogni singolo cliente aveva un mezzo per lanciare acqua: chi si accontentava di un semplice bicchiere, chi esagerava con mastelli e secchi enormi, chi addirittura aveva introdotto una canna di gomma con tanto di spruzzatore a 6 atmosfere… L’acqua nella Hall era talmente fluente e copiosa che sembrava di trovarsi sul bagnasciuga, intenti in una camminata tra conchiglie e piccole onde… Non esisteva più nessuno che potesse vantare un centimetro quadrato di tessuto asciutto, e in quel preciso momento ebbi la sensazione che ogni persona presente: dai camerieri ai clienti al direttore, tutti per un attimo avessero chiuso gli occhi per annegare ogni incombenza in un mare d’acqua, un festante e ilare mare d’acqua fresca.