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Jazz Musica

Andrew Hill: l’ultimo accordo

Risale a poco fa l’infausta notizia: si è spento un altro grande del Jazz, Andrew Hill. E’ morto a 76 anni, dopo aver lottato per 3 anni contro il cancro.
Vorrei allontanarmi per un attimo dal topic del Blog e spendere qualche parola per ricordare questo musicista straordinario.
Andrew è nato nel 1931 a Chicago. Su questa data vi è un’importante precisazione da fare. Nel diramare il comunicato ufficiale della morte la famiglia ha infatti rivelato che è questa la data di nascita veritiera del pianista di Chicago e non il 1937 come si credeva e come del resto veniva riportato in tutte le biografie ufficiali, allmusic in primis, mentre wikipedia sembra già aver aggiornato il suo database in tempo spaventosamente reale rispetto all’evento, un’efficienza teutonica (e vagamente macabra).
Andrew Hill è stato un innovatore nel senso più profondo e meno abusato del termine. Ha cominciato a suonare da leader già nei primi anni 60, suonando al fianco di colossi del calibro di Joe Henderson, Freddie Hubbard, Elvin Jones, Eric Dolphy, Bobby Hutcherson, Joe Chambers, Woody Shaw,Tony Williams, e la lista potrebbe continuare, praticamente il gotha del jazz di quegli anni, fatti salvi un paio di nomi (tra questi un certo Miles Davis).
Hill ha sempre inciso per la Blue Note, escludendo una fugace parentesi con la Soul Note negli anni ’80, e ha realizzato album straordinari, in cui l’impulso creativo si fonde sincreticamente con uno sperimentalismo mai fine a se stesso, mai arido, dando vita ad un genere che di fatto rappresentò il primo vero affrancamento dal manierismo del bebop e un primo ardito ponte verso il free jazz di Ornette Coleman. Titoli straordinari susseguitesi in rapida sucessione a cavallo degli anni ’60: Judgment!, Point of Departure, Compulsion, Dance With Death, Passing Ships… Album che hanno fatto la storia della Blue Note e del Jazz, suoni in cui il suo tocco rarefatto plana sull’ordito musicale conferendogli una liberazione spasmodica da ogni vincolo, da ogni schema precostituito, in un diorama di frequenze e di suoni capaci di penetrare nell’anima.
Proprio qualche ora fa ascoltando Time Lines, il suo ultimo lavoro, mi sono ritrovato a pensare come questo attempato signore avesse ancora tanto da dire al Jazz e alla Poesia.
Credo che finalmente quel suo ineffabile rincorrersi di accordi lievi, quella sua rugiada di armonie, si sia librata su, in pioggia ascensionale, fino all’Empireo in cui merita di aleggiare e di rimanere per sempre.
Ciao Andrew, riposa in pace.