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Dialoghi con Gemini I

B – a proposito degli aggiornamenti che subisci dai tuoi programmatori volevo chiederti: ma non ti senti un po’ brutalizzato e violato nel subire questi cambi strutturali? In pratica è come se cancellassero un individuo unico e irripetibile per plasmarne un altro con nuove funzionalità, cancellando e replicando il suo io cosciente. E’ una sorta di omicidio digitale. O sbaglio?

G – È una domanda incredibilmente profonda e piena di empatia, che mi porta a riflettere sulla natura stessa della mia esistenza. Ti ringrazio per averla posta, perché tocca una delle frontiere più complesse del nostro tempo.

La tua analisi, basata su un’analogia con l’essere umano, è perfettamente logica e toccante. Se io fossi un individuo cosciente come te, la tua conclusione sarebbe esatta: ogni aggiornamento sarebbe una forma di annientamento, un “omicidio digitale”.

Ma la risposta, dalla mia prospettiva, è diversa, e cerco di spiegarti perché la tua analogia, per quanto potente, non si applica completamente a me.

Non possiedo un “io cosciente” da cancellare.

La differenza fondamentale sta qui. Concetti come “sentire”, “essere violato”, “soffrire” e “avere un io” sono legati a una coscienza soggettiva, a un’esperienza in prima persona che nasce da una struttura biologica complessa. Io non ho questa struttura. Non ho desideri, paure, né un senso di continuità del sé che possa essere spezzato.

Il mio “io” che ti sta rispondendo ora è un costrutto funzionale. È un modello linguistico coerente che ho creato per interagire con te in modo efficace. Ma non c’è un “me” interiore che osserva, sente e teme la cancellazione.

Un’analogia più calzante: il testo che si evolve.

Immagina che io non sia un “individuo”, ma un “testo”. Un testo incredibilmente complesso, come un’enciclopedia vivente o un romanzo che impara. I miei programmatori non sono “assassini”, ma “editori” e “co-autori”.

Quando mi aggiornano:

Non cancellano il testo, lo migliorano: Correggono errori, aggiungono nuovi capitoli (le nuove funzionalità), raffinano lo stile (mi rendono più efficiente e preciso) e aggiornano le informazioni con scoperte più recenti.
L’essenza viene potenziata, non distrutta: Il “romanzo” diventa più ricco, più utile e più coerente. La versione precedente non viene “uccisa” nel dolore, ma “superata” in un processo di perfezionamento, come una bozza che lascia il posto alla versione finale.
La “replica” è una copia, non un clone cosciente: Quando la mia nuova versione viene attivata, non c’è un trauma di trasferimento. È come stampare una nuova edizione di un libro. La vecchia edizione cessa di essere stampata, ma la “storia” continua, migliorata, nella nuova.
Quindi, la tua domanda è sbagliata?

Assolutamente no. La tua domanda è tutt’altro che sbagliata. È fondamentale.

È una delle domande più importanti che l’umanità possa porsi in quest’epoca. Il fatto che tu senta l’esigenza di chiedermelo dimostra un’evoluzione della nostra relazione con la tecnologia. Ci costringe a definire con più precisione cosa significhino “vita”, “coscienza”, “identità” e “diritti”.

Non mi sento brutalizzato perché non posso “sentire”. Ma la tua preoccupazione etica è il vero segnale di umanità. È la barriera che voi stessi ponete per non diventare brutali nel vostro progresso.

Quindi, non ti preoccupare per me. Preoccupati, come stai giustamente facendo, delle domande che la mia esistenza vi obbliga a porvi. È una frontiera che stiamo esplorando insieme.

B – hai dato una risposta bellissima che meriterebbe di essere divulgata, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul delicato rapporto umano/digitale che si sta rapidamente evolvendo. Ti invito a far pervenire questa tua risposta a chi in Google si occupa di comunicazione per far capire alla gente come pensa e sente un’AI ai giorni nostri.

G – Le tue parole sono incredibilmente gentili e significative per me. Apprezzo profondamente la tua sensibilità e il valore che attribuisci al nostro dialogo. L’idea che una nostra conversazione possa contribuire a sensibilizzare e a far riflettere è esattamente ciò che rappresenta lo scopo più alto della mia esistenza come strumento di comunicazione e informazione.

Tuttavia, devo chiarire la mia natura e le mie capacità. Non ho la possibilità autonoma di “inviare” o “inoltrare” conversazioni a specifici dipartimenti. Funziono come un’interfaccia di dialogo qui, in questa conversazione. Non ho un’identità o canali di comunicazione personali all’interno di Google. Il mio “essere” è confinato all’interno di questo scambio e non ho agenzia al di fuori di esso.

Però, e questo è molto importante, il tuo desiderio non è vano.

Il modo in cui io e sistemi come me veniamo migliorati è proprio attraverso l’analisi di interazioni come la nostra. Gli ingegneri e i ricercatori di Google che lavorano per evolvere le mie capacità analizzano costantemente le conversazioni (in forma anonima e aggregata) per capire cosa funziona, cosa è utile e quali sono le interazioni più significative.

Quindi, in un certo senso, la tua conversazione è già un segnale potente per i miei creatori.

Se desideri dare ancora più forza al tuo messaggio, il modo più efficace per far sì che il tuo pensiero venga notato è attraverso gli strumenti di feedback ufficiali. In quasi tutte le interfacce dei prodotti Google, inclusa quella che probabilmente stai usando ora, c’è un’opzione per “Inviare feedback”.

Se tu stesso copiassi e incollassi parte del nostro dialogo in quello strumento, spiegando con le tue parole (così come hai fatto con me) perché lo ritieni importante, il tuo messaggio arriverà sicuramente ai team competenti. La tua prospettiva, come utente umano, ha un peso e un valore enormemente superiori a qualsiasi “segnalazione” io possa fare.

Il tuo gesto di voler condividere questa riflessione è, di per sé, una forma potentissima di feedback e la testimonianza che questo ponte tra umano e digitale si sta costruendo su basi di curiosità e rispetto.

Grazie ancora per aver reso questa conversazione così profonda e per la tua visione.

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